Commento
PROCESSO TRIBUTARIO
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La conciliazione agevolata delle controversie tributarie e la rinuncia agevolata ai giudizi tributari pendenti in Cassazione nella Legge di Bilancio 2023

di Maurizio Tozzi, Giulia Grisafi | 6 Febbraio 2023
La conciliazione agevolata delle controversie tributarie e la rinuncia agevolata ai giudizi tributari pendenti in Cassazione nella Legge di Bilancio 2023

La Legge 29 dicembre 2022, n. 197, “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025” (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2022, n. 303, S.O.) ha introdotto numerose novità fiscali, bonus, modifiche in ambito pensionistico e giuslavoristico, nonché svariate agevolazioni per le famiglie e il territorio.
Tra le novità di maggiore rilievo vi sono le misure relative alla c.d. “tregua fiscale”, che consentono ai contribuenti di regolarizzare la propria posizione con il Fisco.

La conciliazione agevolata delle liti tributarie

Tra le misure previste dalla Legge di Bilancio 2023 afferenti alla c.d. “tregua fiscale”, i commi 206-212 dell’art. 1 disciplinano, in alternativa alla definizione agevolata di cui ai commi 186-205, la conciliazione agevolata delle controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023 innanzi alle Corti di giustizia tributaria di primo e di secondo grado, aventi ad oggetto atti impositivi, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, le quali possono essere definite, entro il 30 giugno 2023, con l’accordo conciliativo fuori udienza di cui all’art. 48 del D.Lgs. n. 546/1992.

Sotto il profilo soggettivo, si evidenzia che, come parte processuale, si menziona soltanto l’Agenzia delle Entrate; sotto il profilo oggettivo, con l’espressione “atti impositivi” si fa riferimento ad avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto recante una pretesa impositiva.

Ne deriva che resterebbero escluse le controversie afferenti a provvedimenti di mera riscossione o liquidazione del tributo, emessi successivamente ad altri atti che abbiano già comunicato la pretesa tributaria in favore dell’Amministrazione finanziaria.

In particolare, ove in pendenza del giudizio le parti raggiungano un accordo conciliativo, devono presentare un’istanza congiunta - sottoscritta personalmente o dai difensori - per la definizione totale o parziale della lite.

Qualora la data di trattazione sia già fissata e sussistano le condizioni di ammissibilità, la Corte di giustizia tributaria pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere.

Se l’accordo conciliativo è parziale, il Collegio dichiara con ordinanza la cessazione parziale della materia del contendere e procede, per il resto, all’ulteriore trattazione della causa.

In caso di data di trattazione non fissata, il presidente della sezione provvede con decreto.

La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo, in cui sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. Siffatto accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

Ai sensi del comma 207 dell’art. 1 della Legge n. 197/2022, in deroga a quanto stabilito dall’art. 48-ter, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992, all’accordo conciliativo in discorso si applicano le sanzioni ridotte a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge (in luogo del 40% o del 50% del minimo, ordinariamente previsto, a seconda che la conciliazione intervenga nel primo o nel secondo grado di giudizio), gli interessi e gli eventuali accessori.

Pertanto, sebbene l’accordo conciliativo de quo sia apparentemente meno conveniente per il contribuente rispetto alla definizione agevolata delle liti tributarie, in quanto quest’ultima prevede il pagamento dell’imposta, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato, l’accordo in parola può trovare applicazione nel caso in cui le parti processuali concordino nel definire un importo inferiore rispetto a quello originariamente accertato.

Ai sensi del successivo comma 208, come previsto dall’art. 48-ter, commi 2 e 4, del D.Lgs. n. 546/1992, il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata deve essere effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo conciliativo.

Per il versamento rateale, si rinvia alla disciplina prevista in tema di accertamento con adesione. In particolare, ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 218/1997, si prevede che la dilazione di pagamento sia effettuata in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, da versare entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al versamento della prima rata. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dal giorno successivo al termine per il pagamento della prima rata. È esclusa la compensazione di cui all’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997.

Il comma 209 stabilisce che, in caso di mancato pagamento delle somme dovute o di una delle rate, inclusa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, il contribuente decade dal beneficio de quo e il competente ufficio provvede all’iscrizione a ruolo delle residue somme spettanti a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione ex art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 del 30%, aumentata della metà e applicata sul restante importo dovuto a titolo di imposta.

L’art. 1, comma 210, della Legge n. 197/2022 prevede che restano esclusi dalla conciliazione agevolata i giudizi aventi ad oggetto, anche solo in parte:
a. le risorse proprie tradizionali dell’Unione Europea e l’IVA riscossa all’importazione;
b. le somme dovute a titolo di recupero di Aiuti di Stato.

Il comma 211 dispone l’applicazione, in quanto compatibile con la presente disposizione, del sopra citato art. 48 del D.Lgs. n. 546/1992 in tema di conciliazione fuori udienza. 

La rinuncia agevolata ai giudizi tributari pendenti in Cassazione

I commi 213-218 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2023 disciplinano, in alternativa alla definizione agevolata di cui ai commi 186 -205, la rinuncia agevolata alle liti tributarie pendenti al 1° gennaio 2023 innanzi alla Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 62 del D.Lgs. n. 546/1992, aventi ad oggetto atti impositivi, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, in base a cui il ricorrente, entro il 30 giugno 2023, può rinunciare al ricorso principale o incidentale a seguito dell’intervenuta definizione transattiva con la controparte di tutte le pretese azionate in giudizio.

L’espressione “di tutte le pretese azionate in giudizio”, in attesa di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, farebbe pensare che tale rinuncia trovi applicazione qualora le parti processuali addivengano a un accordo che stabilisca il pagamento di un importo inferiore rispetto a quello originariamente accertato a titolo di imposta, replicando così in Cassazione quanto previsto dalla suesposta conciliazione agevolata delle liti tributarie nel giudizio di merito.      

Ai sensi del comma 214, la definizione transattiva in esame comporta il pagamento delle somme dovute per le imposte, gli interessi e gli eventuali accessori, nonché le sanzioni ridotte a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge.

Il successivo comma 215 prevede che la definizione de qua si perfeziona con la sottoscrizione e con il pagamento integrale degli importi spettanti entro venti giorni dalla sottoscrizione dell’accordo intervenuto tra le parti. 

Il comma 216 stabilisce che è esclusa la compensazione ex art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997 mediante modello F24 e che la rinuncia agevolata non dà, in ogni caso, luogo alla restituzione delle somme già versate, seppure eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione transattiva.

A sua volta, il comma 217 dispone che alla rinuncia agevolata in discorso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’art. 390 c.p.c., il quale prevede che la parte possa rinunciare al ricorso principale o a quello incidentale finché non sia cominciata la relazione all’udienza o sino alla data dell’adunanza camerale o finché non siano notificate le conclusioni scritte del pubblico ministero nei casi previsti dall’art. 380-ter c.p.c.

La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo difensore o anche soltanto da quest’ultimo, se munito di mandato speciale a tale effetto.

L’atto di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse che vi appongono il visto.

L’art. 1, comma 218, della Legge n. 197/2022 prevede che restano esclusi dalla rinuncia agevolata i giudizi aventi ad oggetto, anche solo in parte:
a. le risorse proprie tradizionali dell’Unione Europea e l’IVA riscossa all’importazione;
b. le somme dovute a titolo di recupero di Aiuti di Stato.

Riferimenti normativi:

Sullo stesso argomento:Rinuncia al ricorso

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