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Superbonus 90%: interventi avviati dal 1° gennaio 2023 su edifici unifamiliari o su unità funzionalmente indipendenti

di Carla De Luca | 29 Settembre 2023
Superbonus 90%: interventi avviati dal 1° gennaio 2023 su edifici unifamiliari o su unità funzionalmente indipendenti

L’Agenzia delle Entrate, con circolare n. 13/E del 2023, ha fornito chiarimenti sulle ultime modifiche normative relative al superbonus; segnatamente l’art. 9, comma 1, lett. a), n. 3), del Decreto “Aiuti-quater” che ha modificato il comma 8-bis dell’art. 119, introducendo il terzo periodo, il quale prevede che, per gli interventi avviati a partire dal 1° gennaio 2023 su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lett. b), dell’art. 119, la detrazione spetta nella misura del 90 per cento delle spese sostenute entro il 31 dicembre 2023.

Beneficiari e condizioni

L’art. 9, comma 1, lett. a), n. 3), del Decreto “Aiuti-quater” ha modificato il comma 8-bis dell’art. 119, introducendo il terzo periodo, il quale prevede che, per gli interventi avviati a partire dal 1° gennaio 2023 su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lett. b), dell’art. 119, la detrazione spetta nella misura del 90 per cento delle spese sostenute entro il 31 dicembre 2023, a condizione che:

  • il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare,
  • che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale
  • e che il contribuente abbia un reddito di riferimento, determinato ai sensi del comma 8-bis.1 del medesimo art. 119, non superiore a 15.000 euro.

In altri termini, la nuova norma consente alle persone fisiche al di fuori dell’esercizio di un’attività d’impresa, arti e professioni che sostengono spese per gli interventi edilizi rientranti nella disciplina del Superbonus, effettuati sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno, la possibilità di beneficiare della predetta detrazione nella misura del 90 per cento delle spese sostenute nell’anno 2023, a condizione che i lavori siano avviati dal 1° gennaio 2023.

Si ricorda che per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2024 per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all’art. 16-bis del TUIR si applicano le disposizioni di cui al comma 1 dell’art. 16 del D.L. n. 63/2013.

Occorre precisare che per “interventi avviati dal 1° gennaio 2023” (di seguito anche interventi iniziati) devono intendersi, in generale, gli interventi per i quali la CILA sia stata presentata a decorrere dalla predetta data, per i quali la data di inizio lavori indicata nella medesima CILA è successiva al 31 dicembre 2022.

Si ritiene, inoltre, che possano rientrare nella nuova disciplina anche gli interventi per i quali la presentazione della CILA sia antecedente al 1° gennaio 2023, purché il contribuente dimostri che i lavori abbiano avuto inizio a decorrere dall’anno 2023, circostanza che può essere documentata dalla data di inizio lavori indicata nella CILA o anche mediante un’attestazione resa dal direttore dei lavori secondo le modalità dell’autocertificazione rilasciata ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000. Per espressa previsione normativa, il Superbonus spetta a condizione che:

  • il contribuente sia titolare di un diritto di proprietà (compresa la nuda proprietà) o di un diritto reale di godimento sull’unità immobiliare (usufrutto, uso, abitazione);
  • l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale;
  • il contribuente che sostiene le spese possieda un reddito di riferimento, determinato in base al comma 8-bis.1 dell’art. 119, non superiore a 15.000 euro.

Titolarità del diritto di proprietà

Al riguardo si ritiene che per tali interventi il Superbonus spetti a condizione che il diritto di proprietà o la titolarità di un diritto reale di godimento sull’unità immobiliare oggetto degli interventi sussista al momento di inizio dei lavori.

Il requisito della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento dell’edificio, o dell’unità immobiliare funzionalmente indipendente oggetto dell’intervento agevolato, costituisce una novità rispetto alla precedente disciplina del Superbonus; la relazione illustrativa della disposizione in commento, infatti, chiarisce che detto requisito è necessario soltanto per gli interventi iniziati a partire dal 1° gennaio 2023.

Conseguentemente, il predetto requisito non riguarda gli interventi di cui al comma 8-bis, secondo periodo, del citato art. 119 effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lett. b), del medesimo articolo (persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni), per i quali è richiesta, ai fini della fruizione della detrazione del 110 per cento, la realizzazione del 30 per cento dell’intervento complessivo entro il 30 settembre 2022 e per i quali è disposta la proroga dell’agevolazione al 30 settembre 2023.

In definitiva, tali interventi continuano ad essere agevolati anche se realizzati da persone fisiche che non risultano titolari di un diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento sui beni oggetto di intervento (ad esempio, qualora detti interventi siano posti in essere da familiari conviventi).

Con riguardo al requisito della destinazione dell’unità immobiliare ad abitazione principale, si ritiene che possa essere applicata la definizione del comma 3-bis dell’art. 10 del TUIR, secondo cui “per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata”.

Resta inteso che nell’ipotesi in cui è teoricamente possibile effettuare la scelta in relazione a due immobili, uno adibito a propria dimora abituale e un altro adibito a dimora abituale di un proprio familiare, occorre far riferimento esclusivamente all’immobile adibito a dimora abituale del titolare dell’immobile, a nulla rilevando che il secondo immobile sia adibito a dimora abituale di un familiare. Si ritiene che, qualora l’unità immobiliare non sia adibita ad abitazione principale all’inizio dei lavori, il Superbonus spetti per le spese sostenute per i predetti interventi a condizione che il medesimo immobile sia adibito ad abitazione principale al termine dei lavori. Per quanto attiene al requisito reddituale, l’art. 9, comma 1, lett. b), del Decreto “Aiuti-quater” ha inserito il comma 8-bis.1 nel corpo dell’art. 119 del citato Decreto “Rilancio”; la disposizione stabilisce che il reddito di riferimento per usufruire dell’agevolazione non deve superare l’importo di 15.000 euro e fornisce anche elementi utili per il calcolo di detto parametro. Più in particolare, secondo il citato comma 8-bis.1, il reddito di riferimento è calcolato dividendo il reddito complessivo familiare per un coefficiente denominato numero di parti.

Calcolo del reddito complessivo familiare

Il reddito complessivo familiare è costituito dalla somma dei redditi complessivi posseduti, nell’anno precedente a quello di sostenimento della spesa, dal contribuente, dal coniuge del contribuente, non legalmente ed effettivamente separato, o dal soggetto legato da unione civile.

Vanno sommati, inoltre, i redditi posseduti dal convivente del contribuente, presente nel nucleo familiare, nonché quelli dei familiari, diversi dal coniuge o dal soggetto legato al contribuente da unione civile, presenti nel nucleo familiare se ricorrono i requisiti reddituali di cui al comma 2 dell’art. 12 del TUIR per essere considerati fiscalmente a carico.

Si tratta, nello specifico, dei familiari che, nell’anno precedente a quello di sostenimento della spesa, abbiano conseguito un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili, e per i figli di età non superiore a ventiquattro anni un reddito complessivo non superiore a 4.000 euro.

Ai fini della disposizione in commento, fanno parte del nucleo familiare:

  • il coniuge o il componente dell’unione civile, anche se non risulta nello stato di famiglia perché, ad esempio, ha una diversa residenza;
  • il convivente di cui all’art. 1, comma 36, della c.d. Legge Cirinnà;
  • i figli e ogni altra persona indicata nell’art. 433 c.c. purché siano fiscalmente a carico.

Occorre precisare che per la determinazione del nucleo familiare si fa riferimento alla composizione dello stesso nell’anno precedente a quello di sostenimento della spesa, in linea con quanto previsto dalla disposizione per la determinazione del reddito di riferimento.

Per quanto attiene alla determinazione del reddito, per espressa previsione normativa, occorre fare riferimento al reddito complessivo relativo all’anno precedente a quello di sostenimento della spesa. A tal proposito occorre ricordare che il reddito complessivo per la verifica del limite reddituale è calcolato secondo quanto stabilito dall’art. 8 del TUIR, ma tiene conto anche dei redditi assoggettati a cedolare secca, dei redditi assoggettati a imposta sostitutiva in applicazione del regime forfetario per gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni e della quota di agevolazione ACE.

Per la determinazione del numero di parti, il numero di parti è:

  • pari a 1 nel caso di un nucleo familiare composto da una sola persona,
  • ed è incrementato di 1 se nel nucleo è presente il coniuge o il soggetto legato al contribuente da unione civile o il convivente,
  • nonché di 0,5 se è presente un familiare a carico,
  • di 1 se sono presenti due familiari a carico,
  • e di 2 se sono presenti tre o più familiari a carico.

La presenza nel nucleo familiare del coniuge, o del soggetto legato al contribuente da unione civile, incide sul denominatore numero di parti a prescindere dalla circostanza che il medesimo, nell’anno precedente a quello di sostenimento della spesa, sia risultato o meno a carico del contribuente che beneficia dell’agevolazione; peraltro, il contribuente stesso potrebbe essere stato a carico del coniuge. In ogni caso rileva, ai fini del predetto calcolo, il convivente di cui all’art. 1, comma 36, della c.d. legge Cirinnà. Coerentemente, concorrono a determinare il numero di parti i familiari a carico presenti nel nucleo familiare del contribuente che sostiene la spesa, a prescindere dalla circostanza che, nell’anno precedente a quello di sostenimento della spesa, siano stati a carico di quest’ultimo o dell’altro genitore o di entrambi.

Esempio - Un figlio di genitori separati che sia a carico di entrambi, va considerato in ambedue i nuclei, a prescindere dalle percentuali di carico fiscale, per quel che riguarda sia il numero di parti sia il reddito complessivo familiare. Si può verificare, inoltre, la circostanza che un familiare risulti fiscalmente a carico per una sola parte dell’anno (es. in caso di nascita nel medesimo anno); anche in tal caso il familiare va considerato nei predetti calcoli a prescindere dalla circostanza che risulti fiscalmente a carico solo per una parte dell’anno e senza effettuare alcun ragguaglio. Infine, secondo quanto chiarito dalla relazione illustrativa, ai fini della determinazione del reddito di riferimento si tiene conto anche dei figli di età inferiore a 21 anni che, nell’anno precedente a quello di sostenimento della spesa, hanno conseguito un reddito complessivo non superiore a 4.000 euro (comma 2 dell’art. 12 del TUIR) ma per i quali non spetta la detrazione per carichi di famiglia di cui al comma 1, lettera c), dello stesso art. 12 (in quanto per gli stessi viene erogato l’assegno unico e universale per i figli a carico); detti figli, quindi, ai fini della determinazione del reddito di riferimento, sono considerati al pari dei figli per i quali spetta detta detrazione.

Esempio - Un contribuente con un reddito complessivo dell’anno precedente pari a 25.000 euro, nel cui nucleo familiare sia presente il coniuge con un reddito pari a 11.000 euro e un figlio che non possiede redditi, che quindi è a carico fiscalmente, ha un reddito di riferimento pari al rapporto tra reddito complessivo familiare e numero di parti:
36.000/2,5 = 14.400 euro, come di seguito determinati
• Reddito complessivo familiare = 25.000 + 11.000 = 36.000;
• Numero di parti = 1 (contribuente) + 1 (coniuge) + 0,5 (1 familiare a carico).

Riferimenti normativi:

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