La fattispecie oggetto dell’interpello
La fattispecie analizzata nella risposta a istanza di interpello 30 novembre 2023, n. 472/E , riguarda uno Studio associato esercente l’attività professionale dei dottori commercialisti che, nel corso del 2023, ha acquistato crediti d’imposta riconducibili alla detrazione Superbonus 110%, di cui all’art. 119 del D.L. n. 34/2020, spettanti per spese sostenute nel 2022, da utilizzare in compensazione in 4 rate annuali.
Al riguardo, viene puntualizzato che i crediti in argomento non originano da prestazioni professionali rese dallo Studio e/o da soggetti allo stesso associati e che il prezzo di acquisto dei predetti crediti differiva dal loro valore nominale, con conseguente emersione di un differenziale positivo.
Volendo esemplificare, quindi, siamo di fronte alla situazione “classica” in cui per ragioni di opportunità lo Studio associato procede ad acquistare crediti fiscali del valore di 110, dietro un corrispettivo ridotto, ipotizziamo pari a 90, e chiede al Fisco di chiarire quindi il trattamento fiscale del plusvalore realizzatosi pari a 20.
Il trattamento fiscale della cessione di bonus edilizi verso i professionisti
Nell’affrontare la questione, l’Agenzia delle entrate ricorda innanzitutto la regola fondamentale per cui costituisce presupposto ai fini Irpef il possesso di redditi appartenenti a una delle seguenti categorie tassativamente indicate nel Tuir.
Categorie di reddito ex art. 6 Tuir
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Redditi fondiari
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Redditi di capitale
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Redditi di lavoro dipendente
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Redditi di lavoro autonomo
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Redditi d’impresa
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Diversamente, se il provento conseguito dal contribuente non è inquadrabile in alcune delle suddette categorie, lo stesso va considerato, in linea generale, come non soggetto ad imposizione diretta.
Venendo alla questione specifica del Superbonus, viene altresì osservato che:
- già con l'introduzione del beneficio fiscale, il legislatore ha inteso riconoscere ai contribuenti un'agevolazione, sotto forma di detrazione dall'imposta lorda, di ammontare superiore ai costi sostenuti senza, tuttavia, prevedere alcuna rilevanza reddituale di tale differenziale positivo (pari al 10% delle spese medesime);
- analogamente, in caso di cessione del credito o sconto in fattura, la norma nulla prevede in merito alla rilevanza reddituale del differenziale ''positivo'' derivante dall'acquisto del predetto credito a un valore inferiore a quello nominale.
In assenza di una specifica disposizione in tal senso, la rilevanza reddituale di tale differenziale va quindi ricercata in applicazione delle regole generali di tassazione del reddito, indagando se esso possa essere ricondotto a una delle categorie di reddito previste dal citato art. 6 Tuir e, in particolare, se possa rientrare tra:
- i redditi di capitale;
- i redditi di lavoro autonomo;
- i redditi diversi.
Nel merito, l’Amministrazione finanziaria ritiene che il plusvalore non possa rientrare in nessuna delle categorie menzionate in quanto:
Redditi di capitale
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Il differenziale non rientra nelle fattispecie tipiche elencate dall’articolo 44 del Tuir né costituisce un impiego di capitale nel senso previsto dalla lettera h), ovvero provento derivante dalla concessione ''temporanea'' alla controparte della disponibilità del capitale (cfr. circolare 24 giugno 1998 n. 165/E)
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Redditi di lavoro autonomo
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Il provento non rientra tra i redditi che derivano dall'esercizio di arti e professioni in forma di associazione senza personalità giuridica costituita fra persone fisiche, che viene equiparata alle società semplici né tantomeno tra i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di “elementi immateriali” comunque riferibili all'attività.
La nozione di “elementi immateriali”, precisano le Entrate, non include i differenziali derivanti dall'acquisto di crediti di imposta a un valore inferiore a quello nominale e, pertanto detto differenziale non rientra tra i redditi di lavoro autonomo.
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Redditi diversi
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Il provento non rientra nemmeno nella categoria dei redditi diversi in quanto:
- non si tratta di una plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso, ovvero dal rimborso, di titoli o certificati di massa, diversi da quelli di natura partecipativa, con esclusione dei titoli rappresentativi di merci (art. 67, comma 1, lettera c-ter, Tuir);
- non appare riconducibile tra i redditi di cui alla successiva lettera cquinquies, che assoggetta a tassazione “le plusvalenze ed altri proventi, diversi da quelli precedentemente indicati, realizzati mediante cessione a titolo oneroso ovvero chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale e mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari, nonché quelli realizzati mediante rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto”.
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Pertanto, alla luce di quanto sopra illustrato, l'eventuale differenziale positivo (20) tra l'importo nominale (110) del credito e il prezzo di acquisto (90) dello stesso non genera, in linea di principio, reddito imponibile in capo allo Studio associato.
La detassazione del plusvalore risulta coerente, peraltro, con l’irrilevanza dell’eventuale differenziale “negativo” conseguente al mancato utilizzo del credito in compensazione, atteso che non è possibile riportare “in avanti” o chiedere il rimborso dell’eventuale quota di credito d’imposta non utilizzata in ciascun anno di “competenza”.
Resta fermo, infine, il principio per cui i crediti acquisiti in relazione a prestazioni professionali (ad esempio applicando lo sconto in fattura) rese nei confronti di committenti che hanno esercitato l'opzione ivi disciplinata costituisce invece un provento percepito nell'esercizio dell'attività professionale e, pertanto, assoggettato a tassazione ai sensi dell'art. 54 del Tuir.
Riferimenti normativi:
Superbonus: “guadagno” da cessione del credito non imponibile in capo al professionista
di Marco Bomben | 1 Dicembre 2023
Qualora uno Studio associato acquisti un credito fiscale pagandolo meno del valore utilizzabile in compensazione, non deve tassare il relativo plusvalore. Lo ha chiarito l’Agenzia delle entrate con la risposta ad istanza di interpello n. 472/E del 30 novembre 2023 che esplicita, finalmente, il trattamento fiscale applicabile nel caso in cui un credito d'imposta venga comprato o direttamente o tramite una delle piattaforme disponibili sul mercato al di sotto del suo valore nominale: ad esempio un credito fiscale utilizzabile per 50.000 euro, acquistato a 35.000.
La fattispecie oggetto dell’interpello
La fattispecie analizzata nella risposta a istanza di interpello 30 novembre 2023, n. 472/E , riguarda uno Studio associato esercente l’attività professionale dei dottori commercialisti che, nel corso del 2023, ha acquistato crediti d’imposta riconducibili alla detrazione Superbonus 110%, di cui all’art. 119 del D.L. n. 34/2020, spettanti per spese sostenute nel 2022, da utilizzare in compensazione in 4 rate annuali.
Al riguardo, viene puntualizzato che i crediti in argomento non originano da prestazioni professionali rese dallo Studio e/o da soggetti allo stesso associati e che il prezzo di acquisto dei predetti crediti differiva dal loro valore nominale, con conseguente emersione di un differenziale positivo.
Volendo esemplificare, quindi, siamo di fronte alla situazione “classica” in cui per ragioni di opportunità lo Studio associato procede ad acquistare crediti fiscali del valore di 110, dietro un corrispettivo ridotto, ipotizziamo pari a 90, e chiede al Fisco di chiarire quindi il trattamento fiscale del plusvalore realizzatosi pari a 20.
Il trattamento fiscale della cessione di bonus edilizi verso i professionisti
Nell’affrontare la questione, l’Agenzia delle entrate ricorda innanzitutto la regola fondamentale per cui costituisce presupposto ai fini Irpef il possesso di redditi appartenenti a una delle seguenti categorie tassativamente indicate nel Tuir.
Categorie di reddito ex art. 6 Tuir
Redditi fondiari
Redditi di capitale
Redditi di lavoro dipendente
Redditi di lavoro autonomo
Redditi d’impresa
Diversamente, se il provento conseguito dal contribuente non è inquadrabile in alcune delle suddette categorie, lo stesso va considerato, in linea generale, come non soggetto ad imposizione diretta.
Venendo alla questione specifica del Superbonus, viene altresì osservato che:
In assenza di una specifica disposizione in tal senso, la rilevanza reddituale di tale differenziale va quindi ricercata in applicazione delle regole generali di tassazione del reddito, indagando se esso possa essere ricondotto a una delle categorie di reddito previste dal citato art. 6 Tuir e, in particolare, se possa rientrare tra:
Nel merito, l’Amministrazione finanziaria ritiene che il plusvalore non possa rientrare in nessuna delle categorie menzionate in quanto:
Redditi di capitale
Il differenziale non rientra nelle fattispecie tipiche elencate dall’articolo 44 del Tuir né costituisce un impiego di capitale nel senso previsto dalla lettera h), ovvero provento derivante dalla concessione ''temporanea'' alla controparte della disponibilità del capitale (cfr. circolare 24 giugno 1998 n. 165/E)
Redditi di lavoro autonomo
Il provento non rientra tra i redditi che derivano dall'esercizio di arti e professioni in forma di associazione senza personalità giuridica costituita fra persone fisiche, che viene equiparata alle società semplici né tantomeno tra i corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di “elementi immateriali” comunque riferibili all'attività.
La nozione di “elementi immateriali”, precisano le Entrate, non include i differenziali derivanti dall'acquisto di crediti di imposta a un valore inferiore a quello nominale e, pertanto detto differenziale non rientra tra i redditi di lavoro autonomo.
Redditi diversi
Il provento non rientra nemmeno nella categoria dei redditi diversi in quanto:
Pertanto, alla luce di quanto sopra illustrato, l'eventuale differenziale positivo (20) tra l'importo nominale (110) del credito e il prezzo di acquisto (90) dello stesso non genera, in linea di principio, reddito imponibile in capo allo Studio associato.
La detassazione del plusvalore risulta coerente, peraltro, con l’irrilevanza dell’eventuale differenziale “negativo” conseguente al mancato utilizzo del credito in compensazione, atteso che non è possibile riportare “in avanti” o chiedere il rimborso dell’eventuale quota di credito d’imposta non utilizzata in ciascun anno di “competenza”.
Resta fermo, infine, il principio per cui i crediti acquisiti in relazione a prestazioni professionali (ad esempio applicando lo sconto in fattura) rese nei confronti di committenti che hanno esercitato l'opzione ivi disciplinata costituisce invece un provento percepito nell'esercizio dell'attività professionale e, pertanto, assoggettato a tassazione ai sensi dell'art. 54 del Tuir.
Riferimenti normativi:
Sullo stesso argomento:Bonus 110%Cessione del credito
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