L’adesione alla definizione agevolata della controversia tributaria da parte del cessionario/committente o cedente/prestatore che abbia detratto l’IVA indebitamente addebitatagli a titolo di rivalsa o recuperata attraverso note di variazione, legittima il cedente/prestatore o il cessionario/committente, nei limiti delle somme corrisposte alla controparte ai fini della definizione, a presentare domanda di rimborso ai sensi dell’art. 30-ter del Decreto “IVA”, entro il termine di due anni dalla data di restituzione alla controparte medesima dell’IVA pagata a titolo di rivalsa. Il rimborso può avvenire per un importo pari a quanto restituito alla controparte, che non può essere superiore a quanto effettivamente pagato in sede di definizione agevolata della controversia; nel caso in esame, sarà pari al valore della controversia per i giudizi pendenti in secondo grado e al 90 per cento del valore della controversia per quelli pendenti in primo grado.
In caso di pagamento dilazionato di quanto dovuto per la definizione agevolata, rileveranno le rate effettivamente pagate.
L’art. 1, commi da 186 a 202, della Legge di Bilancio 2023 disciplina la definizione in via agevolata delle «controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente legge a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia».
Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’art. 12 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo cui per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.
La definizione agevolata si applica alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro il 1° gennaio 2023 e per le quali alla data della presentazione della domanda il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.
In particolare, sono da considerarsi pendenti ai fini della definizione agevolata:
Non possono essere considerate definibili le liti per le quali, alla data di presentazione della domanda, è stata depositata sentenza della Corte di cassazione senza rinvio.
La definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti entro il 30 settembre 2023; nel caso in cui gli importi dovuti superano 1.000 euro è ammesso il pagamento rateale, in un massimo di 20 rate di pari importo, di cui le prime tre da versare, rispettivamente:
A scelta del contribuente, le rate di cui al primo periodo successive alle prime tre possono essere versate in un massimo di 51 rate mensili di pari importo, con scadenza all’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese, a decorrere dal mese di gennaio 2024, fatta eccezione per il mese di dicembre di ciascun anno, per il quale il termine di versamento resta fissato al giorno 20 del mese. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata. È esclusa la compensazione prevista dall’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241. Nel caso di versamento rateale, la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 195 e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 settembre 2023.
Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.
Nell’interpello n. 408 del 31 luglio 2023 l’amministrazione chiarisce che gli istanti possono recuperare, in qualità di cedenti, l’IVA che vorrebbero restituire alle proprie controparti/cessionari, pari all’imposta che questi ultimi dovrebbero corrispondere in sede di definizione.
L’art. 30-ter, comma 2, del Decreto “IVA” prevede che nel caso di applicazione di un’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato a titolo di rivalsa.
La norma pone chiaramente tra le condizioni necessarie per la presentazione della domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, applicata ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, la circostanza che la stessa imposta sia stata accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria.
Con la definizione agevolata il procedimento può considerarsi concluso in via definitiva al momento del passaggio in giudicato della pronuncia giurisdizionale che dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere a seguito della definizione agevolata; conseguentemente il cedente è legittimato, in applicazione del comma 2 dell’art. 30-ter del D.P.R. n. 633/1972, a presentare domanda di restituzione entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario dell’importo pagato a titolo di rivalsa.
Ne consegue che, l’adesione alla definizione agevolata della controversia tributaria da parte del cessionario/committente o cedente/prestatore che abbia detratto l’IVA indebitamente addebitatagli a titolo di rivalsa o recuperata attraverso note di variazione, legittima il cedente/prestatore o il cessionario/ committente, nei limiti delle somme corrisposte alla controparte ai fini della definizione, a presentare domanda di rimborso ai sensi dell’art. 30-ter del Decreto “IVA” entro il termine di due anni dalla data di restituzione alla controparte medesima dell’IVA pagata a titolo di rivalsa. Il rimborso può avvenire per un importo pari a quanto restituito alla controparte, che non può essere superiore a quanto effettivamente pagato in sede di definizione agevolata della controversia; nel caso in esame, sarà pari al valore della controversia per i giudizi pendenti in secondo grado e al 90% del valore della controversia per quelli pendenti in primo grado.
In caso di pagamento dilazionato di quanto dovuto per la definizione agevolata, rileveranno le rate effettivamente pagate.
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